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Atto penitenziale

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“Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito,
egli salva gli spiriti affranti” (Sl. 33, 19)

All’inizio della Quaresima pubblichiamo con piacere il testo di Stefano, un praticante del Primo Approfondimento dei Gruppi Darsi Pace.

In questo primo biennio di Approfondimento successivo al triennio di base si affronta il tema del PERDONO e Stefano, dopo alcune riflessioni, ci offre un commovente ATTO PENITENZIALE.

Chi lo ascolta non potrà più facilmente accontentarsi dello sbrigativo momento che apre la liturgia domenicale.

Buon tempo di profonda conversione!

 

In questo spazio mi è stato chiesto di condividere alcuni versi “ascoltati” in una delle tappe del percorso fin qui fatto in Darsi Pace, e raccontare qualcosa di me. Essendo digiuno dalla scrittura dai tempi della scuola, è stato un lavoro faticoso, ed ancor più difficile è stato scrivere in ascolto di me.

 

Il mio triennio di base è cominciato parecchio tempo fa, nel 1994, forse prima…

forse è cominciato prima di me.

In quell’anno, quasi ventenne, provai a dare ascolto e voce (scrivendo) a parti sensibili di me che, chiedevano attenzione.

Nel tentativo di ascoltare questi moti dell’anima, cominciai ad osservarmi e a guardare il mondo e la realtà con uno sguardo diverso, un po’ più aperto, arrivando a  contattare frammenti di libertà, ma nelle mie profondità anche una fortissima tristezza e tanta paura.

Paura di me e della mia sensibilità  che non sapevo come vivere, e paura del mondo che mi sembrava incomprensibile, senza senso e privo di relazione con me, che non sapevo chi ero (chi sono) e cosa facevo (faccio) in questa vita.

Tutto era (è) frammentato, ed ogni frammento sembrava (sembra) non avere relazione con gli altri frammenti.

 

Mi spaventai e vinto dalla paura di me stesso,

“decisi” di cauterizzare quelle zone…

ma nonostante l’illusorio momentaneo sollievo,

cauterizzare non fu cura…

non fu guarigione

per quella ferita dalla quale tutto questo sgorgava.

Il risultato di quella azione,

fu la fuga da me stesso e la proiezione verso l’esterno dei miei desideri più profondi…

la proiezione di me… fuori di me, la consacrazione della (mia) separazione (alienazione) come risposta al mio dolore… come via di “salvezza” da me stesso.

 

Oggi dopo tre anni di terapia in darsi pace,

essenzialmente terapia del Pensiero, della Parola,

posso dire che le parole di Marco mi hanno riportato sapientemente, lentamente, ma risolutamente in luoghi di me che avevo abbandonato, donandomi un graduale e lento incremento della consapevolezza che la pace e la verità che ho sempre cercato fuori di me, lontano da questo mio caotico dolore, in realtà ora si rivelano proprio in questi miei luoghi oscuri e doloranti che necessitano della mia attenzione.

Il luogo dell’incontro non è fuori di me, ma oltre me, un attraversamento per me sempre doloroso, quando reale, ma quanto più reale, tanto più liberante.

 

Descriverei la mia esperienza in darsi pace con la mia pratica e il faticoso contatto con i miei pensieri, nella meditazione silenziosa…

Eccoli qua, dopo tanto tempo, ancora qua, tutti insieme ad assalire la mia carne, a cercare il mio attaccamento, a contendersi la mia attenzione.

Maschera ed ombra, entrambi travestiti da me stesso, di continuo mi rivolgono le loro seducenti parole, per convincermi che… io sono loro territorio.

 

Ogni mattina devo decidere con la determinazione di un samurai, di sedermi e cominciare la mia battaglia, per passare a fil di spada uno ad uno i miei pensieri, dai quali stillare quella goccia di vita, di respiro che mi sottraggono, ma che mi appartiene.

La lotta comincia subito…

appena mi siedo, chiudo gli occhi

ed al primo inspiro comincia l’assalto…

un pensiero dopo l’altro, un immagine dopo l’altra,

ad ogni pensiero, ad ogni immagine… una cascata di pensieri ed immagini.

Tutta la mia frammentazione mentale si mostra in questo semplice gesto di stare fermo, seduto in silenzio.

 

Ad ogni sorriso “deciso”, lo sguardo si fa più profondo.

La luce della coscienza mi sorride.

Se ci credo, e solo quando ci credo, posso sferrare il fendente vincente…

l’abbandono…

colpo di grazia sotto il quale ogni mio pensiero si spegne nell’espiro,

per lasciare posto a qualcos’altro che in questa mia estenuante lotta arriva a volte ad illuminare le mie tenebre…

…momento meraviglioso…

di colpo…

la pace sul campo di battaglia.

Quando mi ricordo di mettere la mia fede in ogni movimento della meditazione (lotta),

ecco… che nell’abbandono tutto sparisce:

i miei pensieri, i loro assalti, i loro colpi acuminati, nemmeno io, come soggetto della lotta, esisto più.

Finale-mente… esisto solo come…

“esito finale”,

come campo di battaglia silenzioso, vuoto.

Non più armi, grida, sangue, ferite, dolore, morte…

sono il luogo della contesa,

l’ ESITO FINALE è

che esisto solo come “luogo”

da usurpato… a visitato.

Ecco che nel mio stato di “luogo” la luce del Pensiero illumina con grande pace e chiarezza ciò che la foga della battaglia ignorava…

Sono l’usurpato e l’usurpatore, il violato e il violento, l’amante e l’adultero, la vittima e l’assassino, il manifesto e l’occulto. Tutto questo occupa il campo della mia interiorità, ma io…

non sono un campo di battaglia, ma campo di lavoro,

non forzato,

ma lavorato dolcemente dal Sorriso,

divento  campo del Perdono.

La luce della coscienza mi investe di responsabilità, divento re-sponsabile, regale e sponsale, dignitosamente pronto alle nozze, cioè coniugabile finale-mente in nuova forma

RE-LA-ZIO- NA-LE.

Pronto per prendermi cura dei feriti dentro e fuori di me, pronto per il trattato di pace, nel quale non avanzo richieste o pretendo sanzioni,

ma mi adopero per la bonifica del male, prodotto nello stato di separazione.

Nello stato di chiusura infatti, si pensano pensieri, si dicono parole, si operano azioni,

si omette Pensiero, Parola, Cre-Azione.

 

La Luce dolce della coscienza assoluta necessita per rendermi perdonato, di rendermi consapevole.

Ecco perché la necessità di tradurre nell’atto penitenziale queste parole che mi raggiungono come dono in un frammento di silenzio.

 

 

ATTO PENITENZIALE

17/05/2019 ore 07.00

“Confesso a Dio, all’IO SONO omni-potente, alla Vita Vera,

all’Essere che nell’umano si manifesta,

a Dio, all’IO che mi abita e tutto può in me

…se io non sono

e a voi… fratelli nello spirito,

fratelli solo nel luogo del silenzio,

fratelli solo nell’abisso

che ci accoglie e ci abita ..
ci genera…
Confesso che sono molto diviso:

In pensieri… frammentati e frammentanti, dolorosi e doloranti.
Perché ogni volta che abito questo stato, mi sento dolore e produco dolore, prolifero confusione in me e gabbie al mio prossimo.

In Parole… Male-dette,
nella paura, nella rabbia, e nel dolore.
Ogni volta che apro bocca da questo stato, prolifero
male-dizioni, paura e insicurezza, confusione.

Nelle Opere… che centrifugo all’esterno di me, nel mio desiderio di aprirmi…

ma restando chiuso, difeso,

nel mio agire distratto ed ignorante, di me, del mondo e della vita… di Dio.

Ed Omissioni… nel mio essere bloccato,

frenetica-mente bloccato dalla paura,

entro la quale ogni volta ometto la mia natura umana.

Umana-mente divina,
divina-mente pensata,
donata,

in me sgorgata.

Ed invoco
Supplicante
rivolto
a quel punto Immacolato
di me,
Della mia carne, dell’umanità…
punto vuoto.
Contenuto
ed espanso
Circoscritto e
Senza confine
Beatamente libero…

Di intercedere tutti per la mia
Stabilità
Nella massima
Consapevolezza della
Mia precari-età”

 

 

L’ Atto penitenziale è quello liturgico, al quale non manca nulla, se non l’elemento fondamentale… io… l’invitato alla trans-formazione.

Ecco forse l’esigenza di tradurlo con le parole che lo Spirito mi suggerisce di me.

 

Stefano


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